Gli spazi dell’attesa

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Vincitore di numerosi premi, concorsi e residenze internazionali, dal 2016 Niccolò Masini inizia a dedicarsi totalmente alla propria ricerca personale. Oltre a praticare su tre continenti il suo lavoro viene esposto in diversi paesi tra cui Australia, Canada, Argentina, Olanda, Francia, Inghilterra, Sud Africa, Giappone e Korea del sud. 

Nel 2018 viene premiato come Best Young Artist Of The Year (Painting & Sculpture) dalla GAMMA/Competition e GM conference di Tokyo. Ad oggi, vive e lavora tra Genova e Montreal.

A: Niccolò è un ragazzo alto e di bell’aspetto. Fronte nascosta e sguardo scuro di chi prende le cose sul serio. Niente di frivolo lo può distrarre: la poesia è quanto di più concreto possa produrre l’uomo. Quando parli con Niccolò, mentre osservi i suoi lavori, te ne persuadi. 

Su tanta confusione, tanta incertezza, vince chi non definisce ma osserva: ecco Niccolò, esploratore degli interstizi tra le cose del nostro mondo. Nessuna pretesa di trovare, nessuna pretesa di dimostrare, nessuna pretesa di colpire: la sua pratica è solo esplorare, prendere appunti, poetare.

G: Niccolò vuole scoprire il mondo vivendolo, toccando con mano le sue forme e percependone così le curve più spigolose. 

E’ attento, cerca costantemente le parole più giuste per conoscere la sua ricerca… proprio come un poeta. Lui non vuole solo fermarsi a capire, vuole studiare i processi, le percezioni, la cultura per poter appartenere a quel tempo e a quella memoria. (Memory as a form of resilience, Il ponte rotto, 52219682015).

Tempo, parola che durante il nostro incontro non è mai stata detta, ma concetto che in verità è stato sempre presente, tra le righe. Curioso. Lo hai notato anche tu?

A: Costruzione che ci dimentichiamo sempre sia prodotto umano, il tempo non è solo inesorabile come sappiamo bene, ma regola ogni cosa, è onnipervasiva: non puoi fare a meno di fare i conti con il tempo. 

Ma c’è fare i conti e fare i conti. Niccolò ci fa i conti a suo modo, esplorandone tutte le sfaccettature possibili. C’è il tempo raccontato, il tempo lontano, il tempo di un dipinto e quello di un’animazione: c’è il tempo di un anziano che parla, un tempo stiracchiato che può anche dilatarsi; c’è il tempo dell’attesa, della noia, della scoperta, c’è il tempo nascosto dietro ad ogni lavoro, che nessuno conoscerà mai. Tutto a suo tempo, si dice, al ritmo di una ricerca per apprendere qualcosa di più sul nostro mondo complesso. 

La cultura e la memoria: il nodo è tutto qui, nella relazione tra un passato di riti desueti e un futuro di riti moderni. Tra la tradizione che si sfalda e l’innovazione che avanza c’è una trama che fa da legante, e come dicevamo questa trama è fatta di memoria, e perciò di tempo. Niccolò fa di questa trama il suo riferimento poetico, lo leggiamo in ogni suo lavoro.

G: La memoria di Niccolò è ricerca e percezione, è l’analisi di una soggettività formatasi in rapporto alle radici socio-culturali di ciascuno, è la rimappatura di un’appartenenza geografica in un luogo spoglio in cui si susseguono esperienze passate e future: l’individuo e i gruppi di individui fanno così parte di un luogo immateriale costruito su identità, relazioni e rappresentazioni di frammenti di vita. (The pilgrimage of humanity, Bagnanti della luna).

La memoria, il tempo…  è anche l’attesa, quel lasso di tempo che intercorre tra il verificarsi di eventi, a suscitare il suo interesse. 

L’attesa è fatta di spazi e di lentezza. L’attesa è colma di attimi che si percepiscono come inesistenti.

Cos’è lo spazio di un’attesa? Quell’assenza che da forma e dimensione a tutte le cose e ne rappresenta forse l’espressione più pura?

A: Metti uno spazio incolto ma vivo di vegetazione, abbandonato in una cinquantina di metri quadrati tra una strada e l’altra della nostra città. Metti che questo spazio esista veramente, ma nessuno ne parla, perché nessuno lo vede, nessuno ci va, nessuno lo conosce. Una piccola oasi nascosta tra un palazzo e l’altro senza accesso alcuno, che non è mappata su google, che casualmente non si riesce a scorgere dalle finestre, ma che esiste per davvero. È un po’ come il tempo dell’attesa, un tempo intensamente reale ma che non ha una sua declinazione interpersonale. Niccolò ha scoperto questo spazio, questo tempo: uno spazio che come l’attesa esiste e non esiste, uno spazio di negazione da perlustrare e soprattutto da abitare. (White time, 3A Pure, Aleph).

“Non mi piace trascrivere su carta i dettagli riguardanti i miei gesti, preferisco invece condividere la mia storia di volta in volta con coloro che amano ascoltare; la trasmissione orale e il gesto non possono essere trascritti esclusivamente in bianco e nero. Insieme, questi elementi costituiscono il materiale che permette di incontrare chiunque desideri entrare nel mondo segreto di un Maestro.”

Dai dialoghi di Niccolò Masini con Franco Sale, Mamojada 2016.

Realtà Fluida di Ricerca Artistica

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