Bunker

I guardiani del Monte Moro. Bunker, territorio e storia

Quei baluardi che han resistito alle bombe, resisteranno anche al tempo? I bunker del Monte Moro.
6 Aprile 2020
3 min
4.2K views

TUTTI I PODCAST


Sulle alture sopra Quinto al Mare, ancora visibili dall’asfalto di Corso Europa, risiedono come colonne che sfidano il tempo una serie di strutture degli anni di guerra.

Giungono a noi quali testimonianze di pagine vibranti e tremende della storia cittadina. A Zena, perlomeno per chi li frequenta, vengono chiamati semplicemente “i Bunker”. Ma c’è molto di più.

Voglio spiegarvi quanto sarebbe importante recuperare questi siti storici, un gioiello per gli appassionati e un’occasione per tutti per riflettere sui chiaro-scuri del biennio 1943-1945. In un secondo articolo farò anche un esempio concreto per farvi comprendere quanto si potrebbe fare per rivalorizzare questa parte del nostro territorio.

Sul Monte Moro, superati gli ultimi caseggiati del Quartiere azzurro che si arrampicano lungo la fiancata, è ancora possibile addentrarsi nella Storia mentre si assaggiano i frutti di qualche albero di corbezzoli lungo il sentiero. 

In appena 20 minuti di camminata, partendo dal cimitero del quartiere, senza troppi fronzoli si giunge alle prime costruzioni belliche. Si tratta dei basamenti per le batterie contraeree, dell’arrivo di una teleferica che partiva accanto a Piazza Frassinetti (lo spiazzo antecedente alla chiesa di San Pietro di Quinto) e, soprattutto, delle cosiddette “casematte”, tre costruzioni gemelle che dominavano sulla zona di levante della Superba.

Oggi soltanto due sono visibili, la terza, quella spostata più ad est, rimane avvolta dalla vegetazione della macchia mediterranea, oltre ad essere sprovvista del guscio caratteristico delle altre due.

Bunker
Veduta dal Monte Moro, Pietro B.

Da qui è possibile far spaziare lo sguardo da Oriente verso Occidente seguendo la linea della costa. Una virata panoramica che parte da Punta Chiappa e giunge almeno fino al Monte Beigua. In mezzo, incastonati come ingranaggi che seguono logiche diverse, i tetti, le strade e le scogliere di Genova.

Senso di gratitudine. 

Questo è ciò che si prova di fronte al panorama. La brezza marina a scompigliarti le ciocche di capelli. Non è un evento raro trovare condizioni arieggiate su questo balcone privilegiato.

Ma torniamo alla Storia. E’ doveroso spiegare brevemente la cornice all’interno della quale sono state edificate queste installazioni militari di difesa. 

Nel 1942 alcuni lavori iniziali apportarono le prime modifiche alla morfologia del monte, dotato di una certa valenza strategica a causa della visuale profonda che offriva su tutto il golfo. 

L’8 settembre 1943 la svolta. In seguito allo sbarco in Sicilia degli alleati, venne resa pubblica la firma del Trattato di Cassibile, che di fatto apriva agli scenari di resa dell’Italia e dunque a un capovolgimento di molti rapporti nella penisola, a partire dalle relazioni con i reparti dell’esercito tedesco.

Questi ultimi, fin da subito, decisero pertanto di occupare con la forza diverse sezioni geografiche del nostro paese che potevano avere una certa rilevanza negli assetti tattici delle truppe. 

Veduta dai bunker, Pietro B.

Le alture di Genova rientravano perfettamente in questa visione. Anzi, il progetto complessivo rendeva il capoluogo regionale soltanto una componente del cosiddetto “Vallo Ligure”, che vedeva il dislocamento di migliaia di unità da la Spezia fin quasi ai confini francesi.

Nella primavera del 1944 si assistette a una marcata accelerazione dei lavori, che oltre alle strutture già citate permise il completamento di numerosi elementi nella parte più alta del monte.

Il sito più interessante, oltre che il più grosso, è senz’altro la lunga galleria realizzata sul fianco orientale del Moro, che buca la montagna poco sopra il viadotto dell’autostrada di Nervi. Questa entra nelle viscere della terra per oltre centocinquanta metri; entrandovi dentro, si ha la sensazione di trovarsi in una piccola cittadina sotterranea, dotata di corridoi, magazzini, cisterne, scale a chiocciola e punti di osservazione sull’esterno. 

I soldati tedeschi di stanza nel genovesato, sotto i comandi del generale Gunther Meinhold, minacciarono più volte l’incolumità del corpo civile della città. Anche nei momenti più critici per i nazisti, essi potevano contare infatti sulla forza di 30mila uomini in armi. Tra il marzo e l’aprile del 1945, poco prima della Liberazione, si paventò un bombardamento della zona portuale, e i cannoni dei bunker furono puntati verso le banchine e i magazzini commerciali.

Questa sembrava essere l’ultima carta spendibile dagli occupanti capace di dotarli di un certo peso contrattuale, nell’ambito di una ritirata senza defezioni. Sarebbe stata tuttavia una mossa dalle conseguenze tremende per il Comune, poiché avrebbe tagliato le gambe su cui poggiava quasi tutto il peso economico della costa e dell’entroterra.

Veduta dal Monte Moro, Pietro B.

Soltanto una trattativa estenuante e una corrispondenza febbricitante tra le parti sono riuscite a sventare questo grave scenario, grazie soprattutto all’apporto del cardinale Pietro Boetto. La curia romana negli ultimi mesi di guerra aveva infatti intessuto una vastissima rete di rapporti in numerosi ambienti genovesi, anche quelli più influenti, tale da renderla l’interlocutrice primaria di Meinhold nella gestione degli ultimi giorni di occupazione nazi-fascista.

La città di Genova si è liberata ufficialmente la sera del 25 Aprile 1945, ma soltanto il 28 Aprile gli ultimi soldati rimasti nelle batterie del Monte Moro hanno abbandonato le loro postazioni.

Oggi, settantacinque anni più tardi, i raggi dei tramonti continuano ad accarezzare questo lato della montagna, mentre le onde si arricciano al largo di Quinto al Mare. I bunker, queste colonne che sfidano il tempo, stanno lì.

Guardinghi. Silenziosi.

Avrebbero tanto, tantissimo da raccontare, ai bikers che salgono di fretta e ai gruppetti di tabagisti in cerca di panorami forti. Ma ancora non ne hanno la possibilità, e gli anni che scorrono inesorabili potrebbero prima o poi rendere irrecuperabili le loro vesti smandrappate. 

Fonti:
Progetto Monte Moro
Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell′Età Contemporanea 

Immagine di copertina:
Galleria sul fianco orientale del Monte Moro, Pietro B.


Scrivi all’Autorə

Vuoi contattare l’Autorə per parlare dell’articolo?
Clicca sul pulsante qui a destra.


Vini
Articolo Precedente

Beni di prima necessità? Altri 5 vini sotto i 15 euro da ordinare online

Sentirsi a Genova
Prossimo Articolo

5 cose da fare per sentirsi a Genova ovunque siate

Ultimi Articoli in Reportage

BORDI | Pietre d’inciamperò

BORDI | Pietre d’inciamperò

Una camminata tra le pietre d’inciampo di Genova, per riflettere, perché nell'indifferenza hanno deportato e nell'indifferenza stanno bombardando.
TornaSu

Don't Miss