Sapone

FONDO BRUNO | Il sapone nel menù del Conte

Ai primi del '900 non solo cibo nella formazione di un cuoco: una storia di nobilissima economia domestica.
29 Giugno 2020
6 min
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Con l’intraprendente Salsa Olandese (qui l’articolo) il mio bisnonno Nino ai primi del ‘900 era ufficialmente diventato aiuto cuoco: il periodo da garzone di cucina (ed ex giardiniere) era terminato. Stava iniziando quella che sarebbe stata poi tutta una vita in cucina – e tutto questo a soli 14 anni.

Le sue prime esperienze ai fornelli avvennero alle dipendenze di famiglie dell’aristocrazia sabauda: cucinare in case private nobiliari significava dover essere in grado di preparare – e farlo bene! – qualsiasi cosa, dai consommé della cucina francese alle più particolari preparazioni internazionali, per soddisfare i padroni di casa e stupire gli illustri e cosmopoliti ospiti, così spesso presenti alle loro tavole. 

Quando ero piccola e sentivo tali storie riguardo al mio nonno cuoco fantasticavo su banchetti sontuosi, perfetti e stupefacenti nelle loro costruzioni di cibo e pieni di ogni bontà e mi immaginavo, con ancora più partecipazione, il dietro le quinte, nelle cucine, con mio nonno Nino che seguiva attento le direttive dello chef, cercando di immagazzinare i passaggi delle preparazioni per poi poterli appuntare la sera nei suoi quaderni di ricette.

Mai mi sarei immaginata di sfogliare oggi questi suoi appunti e trovarci la ricetta del sapone.

Leggendo nei suoi quaderni ho trovato quasi un’opera enciclopedica a metà tra sapere culinario ed economia domestica: basi di cucina, migliaia di ricette più o meno elaborate (magari, nel corso dei suoi appunti, scritte dieci volte in dieci varianti leggermente differenti), insieme a ricette per la preparazione del lievito – in cui dosare come piccoli chimici i grammi di bicarbonato, amido e cremor tartaro – e ancora, accanto, scoprire come imbrunire il caramello e creare delicate sculture di zucchero, degne dei più abili artisti; come fare il sottovuoto per le conserve e il burro insieme alla spiegazione di come intagliarlo per creare splendide forme decorative da portare in tavola.

Dunque davvero tanto di tutto, ma comunque tutto legato, logicamente, al cibo.

Ed ecco che poi, tra una pagina e l’altra, intravedo il nome sapone. Impossibile. E invece la vista non mi inganna: le tre varianti appuntate sotto a questo titolo bizzarro lo confermano.

Lasciamo perdere la prima immagine che ho associato all’idea del sapone fatto in casa: una scena del film Fight Club è decisamente fuori luogo in una rubrica di cibo e similari. 

Eliminato questo pensiero dalla mente, mi sono interrogata sul perché della presenza di questa ricetta sui generis. 

C’è da dire che un tempo – figuriamoci in tempo di guerra! – molte delle cose utili in casa, da ciò che riguarda il cibo alla pulizia e igiene, venivano autoprodotte, se non potevano essere comprate.

Nelle dimore aristocratiche i domestici e soprattutto i cuochi prendevano dunque il posto delle massaie di casa: è così che se c’era bisogno di sapone la ricetta diventava fondamentale, come quella per il lievito e per altre preparazioni culinarie, in cui nozioni chimiche di base erano essenziali per la buona riuscita.

Ma in fondo la cucina cos’è, d’altronde, se non chimica degli alimenti? 

Ho deciso allora di inserire l’inaspettata scoperta all’interno di questa rubrica: certamente un aneddoto curioso, nonché testimonianza storica! 

Sapone
Archivio Bergese. Foto di Alessandra N.

Ma com’è fatto il sapone e come funziona? 

Il sapone viene prodotto attraverso un procedimento chimico chiamato saponificazione, innescato da un trigliceride (grasso) insieme ad una sostanza alcalina come l’idrossido di sodio (soda caustica) in soluzione acquosa. 

L’acqua da sola non è in grado di sciogliere i grassi ed eliminare lo sporco mentre invece le molecole di sapone sono tensioattive, ovvero dissolvono la tensione superficiale dell’acqua: sono formate da una coda idrofoba, che si lega alle sostanze grasse, e da una testa idrofila, che si lega all’acqua rimuovendo così lo sporco. 

E ora un po’ di storia

Già tra il III e il II millennio a.C. nella Mezzaluna fertile era in uso una sostanza molto simile al sapone; anche per quanto riguarda l’antico Egitto esistono testimonianze che attestano l’utilizzo di prodotti detergenti realizzati con grassi animali e vegetali e sali alcalini. Greci e romani invece rimuovevano lo sporco con oli profumati, polveri e argille aiutandosi con gli strigili, strumenti in metallo ricurvi usati per raschiare via dal corpo queste misture.

Ma è grazie agli arabi che si arriva alla vera e propria tecnica di fabbricazione del sapone “moderno”, con l’utilizzo della soda caustica prodotta dalle ceneri di piante tipiche di zone marine o salmastre, come la salicornia.

I saponi venivano prodotti con una base di olio d’oliva, di alloro o timo (tuttora elementi principali del sapone di Aleppo), pigmenti naturali e oli profumati.

Nel 800 d.C., con l’espansione araba in Spagna e Sicilia, il sapone sbarca in Europa ma il suo uso si diffonde ancora di più con la fine delle crociate. Saranno soprattutto i mercanti veneziani e genovesi a commercializzare, durante il Medioevo, questo prodotto pregiato.

La produzione del sapone si sviluppa così anche in Europa, soprattutto in Spagna, Francia e Italia, paesi in cui l’olio d’oliva  – migliore rispetto ai grassi animali –  e le piante da cui ricavare la soda erano più diponibili (Marsiglia, Savona, Genova, Venezia e Alicante i centri più importanti); ma è a partire dalla fine del XVIII secolo che inizia la fabbricazione su larga scala di sapone grazie alla scoperta del chimico francese Nicolas Leblanc di una procedura a basso costo per ottenere la soda caustica dal comune sale.

Alla fine dell’800 questa tecnica viene soppiantata dal metodo Solvay e già dalla metà del XX secolo i saponi sintetici iniziano a fare la loro comparsa.

Inoltre il tema sapone é anche stretta attualità, in un periodo di emergenza sanitaria in cui il rituale del lavaggio delle mani ha assunto un’importanza assoluta, tanto che le vendite di detergenti sono triplicate. 

Che sia chiaro: le spiegazioni sul come lavarsi pollici, indici e palmi le lascio alla Durso; io mi limito a riportarvi una delle ricette che ho scovato negli appunti di mio nonno – preferendo la versione all’olio rispetto a quella con il grasso.. Decisamente troppo Fight Club.

Massima attenzione però!!

La soda caustica, ingrediente fondamentale, insieme ad un grasso animale o vegetale, per innescare il processo di saponificazione, è un prodotto tossico e corrosivo, da maneggiare con estrema cura (indispensabile utilizzare guanti di gomma, occhiali e mascherina per ripararsi da ustioni e dai vapori che la soda produce). 

Se si vuole provare a fare il sapone in casa in maniera del tutto sicura consiglio spassionatamente un metodo un po’ meno “piccolo chimico” ma molto più realizzabile – in serenità!! 


Ricetta


Sapone con soda caustica

Sapone a caldo, ricetta di mio nonno con soda caustica (per puro amor di conoscenza…sconsigliata da fare a casa):

2 litri d’olio
350 gr soda caustica
350 gr pece greca 
300 gr allume o talco
4 litri d’acqua 

Bollire per 3 ore e mezza a fuoco lento mescolando continuamente, quindi raffreddare.

Sapone senza soda caustica

Sapone senza soda caustica, ricetta spassionata (assolutamente da provare…portiamoci avanti con i regalini di Natale!):

250 ml di vero sapone di Marsiglia (preferibilmente non profumato) 
220 ml di acqua distillata
11 ml di olio vegetale (olio di oliva, olio di semi, olio di jojoba, olio di mandorle, ecc.)
5-6 gocce di olio essenziale preferito
coloranti naturali o spezie (curcuma, cacao, cannella) per dare un tocco di colore e un’ulteriore nota di profumo

Ridurre in scaglie il sapone e scioglierlo a bagnomaria mescolando bene con un cucchiaio di legno.

Quando il sapone inizia ad addensarsi aggiungere l’acqua distillata poco alla volta; di nuovo, sempre mescolando, quando raggiunge un buon livello di densità, unire l’olio vegetale. 

Continuando a mescolare, aggiungere le gocce di olio essenziale e le eventuali sostanze coloranti.

Quando il composto è ben denso versarlo infine negli stampi (utilizzare stampi grossi – quelli per il plumcake sono perfetti -, così da realizzare pezzi grandi di sapone da tagliare col coltello, o stampi più piccoli  – benissimo le formine per la sabbia dei bimbi! – da imburrare per facilitare poi il distacco).

Lasciare il sapone a riposo per 6 settimane. 


Ps:

A proposito di cuochi e sapone, durante qualche ricerca in internet ho trovato alcuni articoli relativi al pasticcere “illusionista” britannico Ben Churchill, che stupisce il pubblico con creazioni decisamente d’impatto. 

Uno dei suoi dolci più famosi ha la forma di una spugnetta per piatti (quelle gialle con la parte superiore, più ruvida, verde), completa di sbuffo di schiuma di sapone! 

Sapone
Spugna per piatti edibile dello Chef Ben Churchill

Non voglio addentrarmi ora in questioni di estetica del cibo, analisi sensoriale e quant’altro ma, a detta degli impavidi assaggiatori, l’iniziale ribrezzo visivo  lascia il posto ad un’estasi gustativa, grazie alla combinazione magistrale di sponge cake all’olio di oliva, caramello, purea di mele, crumble di menta e spuma di latte. 

Immagine di copertina:
wall:in media agency


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Nata a Milano nel 1991, da quasi venti anni vive a Genova, dove ora si dedica all’associazione culturale EdArte, di cui è co-fondatrice. Una formazione umanistica e un’indole creativa e curiosa la portano ad entusiasmarsi per l’arte, le diverse culture e cucine del mondo - che prova a reinterpretare ai fornelli. Ama stare in movimento, nel verde, in acqua o appesa a tessuti aerei; si diverte a creare gioielli, illustrazioni e oggetti di ogni genere.

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