Esplosione di Beirut

La forza dell’esplosione di Beirut

L’esplosione di Beirut è tra le più tragiche della storia. La sua potenza la rende una delle più significative. Breve guida a questi eventi devastanti.
12 Agosto 2020
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Le immagini e i video dell’esplosione di Beirut sono in tutte le nostre menti e nei nostri occhi. La gigantesca nube, il fragore dell’esplosione, i palazzi devastati e le scene di dolore e morte sono flash indelebili. La violenza dell’evento lascia di stucco e sembra non avere nemmeno una logica. Sfortunatamente però quello che è successo è frutto di una conseguenza inevitabile.

L’abbandono di 2.750 tonnellate di nitrato d’ammonio per anni solleva sospetti, monta la rabbia di chi cerca di comprendere una tale negligenza e soprattutto rappresenta un rischio enorme. Un rischio che il 4 Agosto si è concretizzato: un’esplosione devastante si è verificata, accompagnata da 154 morti, 5.000 feriti e 300.000 persone rimaste senza casa (dati del 8 Agosto – The Guardian). 

Una tale quantità di nitrato di ammonio rappresenta una bomba vera e propria, una bomba enorme per giunta

L’esplosione di Beirut entra di fatto nella storia e si guadagna il triste diritto di entrare a far parte di una lista di eventi devastanti come le esplosioni di Hiroshima e Nagasaki per citare le più note. La storia è piena zeppa di esplosioni impressionanti causate dall’uomo ma tra queste ci sono enormi differenze, non solo di portata ma anche di natura. Il mondo e la storia delle esplosioni sono ampissimi e per gli interessati una breve panoramica verrà qui presentata.  

Un’esplosione non è altro che un’ondata di energia termica e meccanica violenta e improvvisa. La natura ne propone ogni giorno nei vulcani e nelle stelle. L’uomo negli ultimi secoli ha imparato a maneggiarle e farne uso per vari scopi.

Perché un’esplosione si verifichi o venga volutamente generata è in primis necessario un esplosivo, ovvero una sostanza o una miscela da portare a condizioni tali da provocare l’esplosione. Si possono creare tali condizioni in molti modi e creare diversi tipi di esplosione, a seconda dell’esplosivo in questione.

L’effetto finale è sempre lo stesso: un’onda d’urto la cui forza devasta tutto ciò che le si frappone, espandendosi. Da notare come l’implosione sia il fenomeno opposto: l’energia rilasciata viene fatta concentrare verso l’interno provocando il collasso del corpo che viene investito, come avviene durante la demolizione di un palazzo.

Vi sono due principali grosse famiglie di bombe: quelle chimiche e quelle nucleari.

Esplosioni chimiche

Iniziamo da quelle chimiche come quella di Beirut. Vi sono sostanze che in condizioni ambientali possono anche essere innocue come il nitrato di ammonio, ma se sottoposte a pressioni e temperature elevate possono portare a una reazione chimica molto accelerata, in grado di rilasciare una grande quantità di energia.

Il nitrato d’ammonio viene comunemente usato come fertilizzante, lo spargiamo nei campi per far crescere la verdura, ma se innescato dovutamente può essere pericolosissimo. A Beirut un’enorme quantità di questa sostanza era immagazzinata, rappresentando di fatto una bomba. Doveva solo essere accesa. L’altro giorno è successo, la reazione esplosiva si è generata esponenzialmente e velocissimamente, rilasciando tonnellate di gas che si è espanso in tutte le direzioni in modo distruttivo.

Altre esplosioni chimiche famose sono quelle che prevedono l’uso di nitroglicerina, la quale viene usata sia come antiansiogeno che per la dinamite. Impossibile poi non citare il trinitrotoluene, il tritolo. È il famoso TNT, quello usato dai mafiosi per uccidere Falcone, moglie e scorta a Capaci e se vogliamo smorzare un po’ i toni quello delle bombe di Willy il coyote. Talmente noto che fa da riferimento per misurare la potenza di una bomba.

L’energia liberata da una tonnellata di TNT rappresenta infatti un ton, cioè 4,184 gigajoule. Il nitrato di ammonio libera meno energia del tritolo ma quando si parla di una massa come quella del porto libanese ecco che l’energia liberata supera i mille ton, o il kiloton: supera l’effetto di mille tonnellate di tritolo. Per cercare di districarci coi i numeri: mille tonnellate sono un milione di chili, a Capaci furono usati 500 chili di tritolo.

Tra le grandi tragedie causate da esplosioni artificiali per via chimica qualcuno ricorderà quando cinque anni fa nel porto di Tianjin in Cina persero la vita 173 persone. Allora la potenza era circa un quinto di quella di Beirut ma l’esplosivo lo stesso, il nitrato di ammonio.

E poi l’esplosione di Cipro del 2011, che solo dall’altro giorno ha perso il primato di bomba non-atomica più violenta del ventunesimo secolo. Allora persero la vita 13 persone ma la potenza era circa un terzo di quella di Beirut, quella volta la causa dall’esplosione furono delle munizioni.

Tuttavia, l’esplosione di natura chimica più devastante risale a più di cento anni fa, nel 1917, ad Halifax, in Canada. Siamo in periodo di guerra e due navi cozzano fatalmente nel porto. La Mont Blanc era carica di esplosivi, soprattutto TNT. La potenza fu di 2,9 kiloton, quasi il triplo di Beirut, e il bilancio drammatico: circa duemila morti.

Esplosioni nucleari

Veniamo ora alle esplosioni nucleari, quelle del Sole, ma anche tristemente di centrali e bombe atomiche. Se fin qua i dati sembravano impressionanti… beh erano nulla in confronto ai prossimi.

Tenete conto che durante un’esplosione nucleare viene rilasciata molta, molta più energia. A parità di massa di esplosivo, quello nucleare scatena un’energia milioni di volte superiore. Per questo le bombe nucleari sono molto meno pesanti, parliamo di alcuni chili. Se pesassero tonnellate come quelle chimiche di Beirut o Halifax distruggerebbero il pianeta.

Il motivo risiede nel fatto che sono coinvolti non i legami chimici fra gli atomi, ma gli atomi stessi. Quando atomi di uranio si fissano, cioè quando si dividono per dar vita a nuovi atomi diversi e più piccoli, rilasciano molta più energia.

Per farla molto banale possiamo comparare gli atomi a dei lego. Unire due blocchetti non richiede molta energia, si incastrano e si dividono facilmente. Così un legame chimico. Ma provate a rompere un singolo blocchetto o a fonderne due insieme… un po’ più dura no? Beh certo! Vi serve molta più energia. Come vi serve molta più energia per rompere i legami atomici, quelli che tengono insieme l’atomo, e che, se rotti, sprigionano tutta la loro immensa energia. L’onda d’urto generata è talmente violenta che è sufficiente l’aria atmosferica stessa ad essere usata come gas e mezzo di distruzione. Ma non finisce qua.

Se infatti come si diceva prima l’effetto finale delle esplosioni è alla fine comune, un’onda d’urto, per le esplosioni nucleari c’è altro. Infatti enormi quantità di radiazioni elettromagnetiche sono emesse, queste vanno a surriscaldare tutto ciò che incontrano, provocando incendi e ustioni gravissime. E infine il danno da radiazioni ionizzanti, in grado di devastare interi ecosistemi e causare malattie gravissime a chi le incontra.

Tuttavia, durante un’esplosione nucleare l’energia rilasciata sottoforma di radiazioni ionizzanti è modesta rispetto all’onda d’urto e all’effetto termico. Questi due eventi sono talmente devastanti da distruggere tutto e subito, rendendo i più lenti danni ionizzanti quasi superflui. 

Venendo alla storia, le bombe di Hiroshima e Nagasaki avevano una potenza tra i 13 e il 23 kilotonquindi circa 10-20 volte più potenti dell’esplosione di Beirut.

In pochi secondi decine di migliaia di persone morivano e le città erano rase al suolo. Per completare questa carrellata degli orrori, che vi confesso incupisce solo a scriverla, voglio solo citarvi la più grande esplosione atomica della storia. Si trattava di un test. Durante la guerra fredda sono stati fatti molti test atomici e il più grande fu fatto dai sovietici. Era il 1961 e la bomba Zar fu fatta esplodere. Era circa tremila volte più potente di quella di Hiroshima, distrusse finestre a quasi mille kilometri di distanza.

Immagine di copertina:
Foto di Pascal Le Lay


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Formazione scientifica basata su liceo scientifico e lauree in biotecnologie e biotecnologie industriali. Appassionato di comunicazione ha svolto una scuola di comunicazione scientifica per 6 mesi. Ha anche un canale YouTube di divulgazione scientifica. Non si interessa solo di scienza ovviamente, ma è il terreno dove si muove meglio e che crede, ancora un po’ romanticamente, di voler condividere con un pubblico più largo possibile.

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